Questa pagina contiene il diario e le foto di un viaggio in USA che ho fatto per motivi di studio e ricerca, nell’ambito del Dottorato di Ricerca in Ingegneria dell’Informazione che sto seguendo presso l’Università di Trieste. Il viaggio prevede le seguenti destinazioni:

  • 14 febbraio - 23 febbraio 2008: San Diego, California, sede del congresso SPIE Medical Imaging
  • 23 febbraio - 17 marzo 2008: Silver Spring, Maryland, presso il
    NIBIB/CDRH Laboratory for the Analysis of Medical Imaging Systems
    Division of Imaging and Applied Mathematics
    Office of Science and Engineering Labs
    Center for Devices and Radiological Health
    Food and Drug Administration
Novità: mi fermo fino al 3 aprile. Per Pasqua ho fatto una breve gita a New York City.

Potete trovare il diario dell’anno scorso all’indirizzo http://ggchome.altervista.org/california

Per chi non sa come funziona un blog: I messaggi vengono mostrati a partire dal più recente, quindi per leggere il diario in ordine cronologico bisogna partire dalla fine. Se volete scrivere un commento visibile a tutti i lettori, cliccate sull’apposito link alla fine di ogni giornata. Se non siete registrati, scegliete “Anonimo” in basso alla pagina dove c’è scritto “Scegli un'identità”, ma ricordatevi di scrivere il vostro nome nel testo del blog.

3 aprile 2008


La mia camera

Stasera alle 20:05 ho l’aereo per tornare in Italia. Il programma della giornata prevede di andare in laboratorio la mattina, quindi pranzare con Aldo, tornare a casa a prendere la valigia e andare all’aeroporto. Vorrei fare una foto di gruppo, ma Aaron dorme ancora di sasso e ieri sera era tornato a casa tardi. Mi dispiace andare via senza salutarlo; per fortuna dopo un poco si sveglia e, ancora un po’ assonnato, si prepara per la foto.


Foto di gruppo con Ellen, Aaron e Zen

Ellen mi dice che Zen vorrebbe venire in Italia con me, ma purtroppo non posso accettare perché sono già parecchio carico di bagagli. Chiudo la valigia, lasciandola pronta per quando andrò a prenderla, metto nello zaino le cose che mi servono in laboratorio, e metto in un sacchetto il latte e corn flakes avanzati per il pranzo. Saluto Ellen e Aaron, che non rivedrò più, quindi prendo per l’ultima volta la metropolitana e l’autobus fino al laboratorio.

Stamattina è in programma l’ultima phone conference. Le misure di ieri hanno suscitato qualche perplessità, quindi ne discuto con i colleghi italiani, prima da solo e poi con Aldo. Guardiamo i risultati delle misure dell’errore di quantizzazione, quindi facciamo un riassunto del lavoro svolto e qualche piano approssimato per il lavoro futuro. Terminata la phone conference, faccio qualche ultima misura, quindi saluto i miei colleghi.


La mia postazione: room 3130, carrel D


La terrazza del laboratorio

Per pranzo, Aldo mi porta in un ristorante giapponese a Chevy Chase che secondo lui è il migliore. Si intuisce che è buono dal fatto che c’è la coda per entrare; per fortuna il servizio è veloce e la coda si smaltisce in pochi minuti. C’è una vasta scelta di sushi che si possono scegliere singolarmente da una lista, e Aldo ne ordina alcuni; io ancora non me ne intendo abbastanza e quindi prendo un sushi & tempura combo. Abbiamo anche diritto ad un’insalata a buffet. Il ristorante è senza dubbio ottimo, probabilmente il migliore tra i pochi in cui sono stato, ed è anche molto economico. Concludiamo con un sorbetto alla mela verde, quindi Aldo mi dà un passaggio fino a casa. C’è soltanto Zen, che saluto. Prendo la valigia, controllo di non aver dimenticato niente, lascio le chiavi sul tavolo come pattuito e quindi andiamo alla fermata della metropolitana. Saluto e ringrazio Aldo, quindi carico nella farecard l’importo esatto per arrivare a Rosslyn (dove ferma l’autobus per l’aeroporto) e prendo il treno.

A Rosslyn mi accorgo di non avere abbastanza monete per pagare l’autobus, quindi prendo una bibita al McDonald’s per cambiare. Piove, e la tettoia alla fermata diventa gradualmente più affollata. Sorge una discussione sul prezzo dell’autobus, perché a quanto pare pochi hanno capito come funzionano le tariffe a Washington. Questo è un “express bus”, e costa più caro: 3,10$ se pagato in contanti e 3,00$ se pagato con la tessera SmarTrip. Il transfer dalla metropolitana fa avere uno sconto di 90 centesimi, e per averlo bisogna mostrare all’autista l’apposito biglietto che si ritira da una macchinetta nella stazione; bisogna prenderlo alla stazione di partenza, anche se tante volte me ne ero dimenticato e l’avevo preso alla stazione di arrivo e nessuno se ne era accorto. La tessera SmarTrip calcola automaticamente i transfer, per cui non c’è bisogno di prendere i bigliettini. Oltre a questo, ha il vantaggio che consente di farsi rimborsare automaticamente i viaggi dal datore di lavoro; per questo motivo, tutte le persone che ho conosciuto in questo periodo la usano, pagando la tariffa intera (a parte lo sconto di 10 centesimi), invece di prendere l’abbonamento, che costa molto meno ma non si può far rimborsare automaticamente. Io ho l’abbonamento settimanale; non vale per gli express bus ma fa avere uno sconto pari alla tariffa normale, che è di 1,35$ in contanti o 1,25$ con tessera SmarTrip, quindi in definitiva se non ho sbagliato i conti dovrei pagare 1,75$. Come si usa comunemente in America, se non si hanno tessere si paga la corsa infilando le monete o le banconote in una macchinetta sull’autobus chiamata “farebox”, che non dà resto, e questo probabilmente fa raddoppiare il profitto alle aziende di trasporti. Nel frattempo l’autobus arriva, con solo 10 minuti di ritardo. I miei calcoli erano giusti, e mi fanno pagare 1,75$, che è un prezzo onesto, considerando che il viaggio è molto lungo (quasi 1 ora). L’autostrada è ingorgata e andiamo a passo d’uomo, però arriviamo puntuali; si vede che gli ingorghi sono talmente comuni che sono previsti nell’orario.

All’aeroporto cambio il biglietto, pagando la penale di 150$. Faccio il check-in, e il peso della valigia è dentro i limiti. Da qualche parte nell’aeroporto c’è un hangar, di proprietà dallo Smithsonian National Air and Space Museum, dove sono esposti numerosi aerei e veicoli spaziali. Purtroppo è lontano (bisogna prendere un bus navetta per arrivarci) e non ho molto tempo, quindi decido di rinunciare e vado ai controlli di sicurezza che sono spesso molto lunghi. Mentre aspetto l’aereo guardo i vari negozi di souvenir, ma non c’è nulla di interessante. Dopo un’attesa noiosa, ci imbarchiamo.

Pur essendo in classe economica, su questo aereo ogni sedile ha il suo schermo e c’è un’ampia scelta di film e video che si possono far partire e fermare a piacimento. A fare i pignoli il touch-screen non è molto reattivo e spesso il sistema si pianta, ma comunque non mi lamento. Per iniziare guardo “Enchanted”, che è ambientato a New York, e rivedo molti dei luoghi che avevo visitato. C’è Times Square, Central Park, il Columbus Circle (Il protagonista Robert ha lo studio nel Time Warner Center), la metropolitana sopraelevata che fa un rumore infernale, il Woolworth Building ... In seguito guardo “Juno”, che Kellie mi aveva consigliato, ed effettivamente non è male. Le 8 ore di volo non sono eccessivamente traumatiche, e la mattina dopo atterriamo a Monaco.

Mi gratto qualche ora a Monaco, perché i libri sono in valigia, la pila del computer è scarica e mi sono dimenticato di portare il riduttore per le prese tedesche. Prendo l’aereo per Trieste, e all’arrivo l’avventura americana sembra ormai finita, ma non avevo fatto i conti con i controlli doganali, che all’aeroporto di Ronchi notoriamente non lascerebbero passare una mosca. Il doganiere mi fa aprire la valigia, chiedendomi da dove vengo e quanto ci ero stato. Mi chiede che cosa ho comprato, e quando gli dico che in 2 mesi ho comprato solo 6 bottiglie di birra, qualche libro e altre piccole cose di scarso valore, non mi crede e quasi si offende come se lo stessi prendendo in giro. Gli spiego che ero andato per lavoro, e non in vacanza, e mi chiede che lavoro faccio e di cosa mi occupo. La spiegazione non gli basta, ed esamina attentamente il contenuto della valigia facendomi tirare fuori tutto. Stranamente le birre non gli interessano (per fortuna, visto che le avevo imballate accuratamente e non avevo voglia di aprire tutto), e invece guarda attentamente i libri, chiedendomi di che cosa parlano. Purtroppo non so rispondergli, perché non li ho ancora letti. In seguito controlla i vestiti, chiedendomi se sono nuovi o usati. Per la giacca mi crede, invece è convinto che ho comprato la cravatta in America. Fortunatamente posso dimostrare facilmente che è italiana, perché ha il logo della SISSA di Trieste e c’è anche un’etichetta. Terminata la perquisizione della valigia, mi fa aprire la borsa dove avevo messo i vestiti sporchi, e dopo averla controllata attentamente mi lascia andare. Almeno potrò dormire sonni tranquilli, sapendo che le frontiere sono protette alla perfezione da professionisti che lavorano instancabilmente per tenere lontana la criminalità.

Questo conclude il mio diario-blog. Domando scusa se non era sempre aggiornato; purtroppo, in particolare dopo il rientro, avevo un mucchio di altre cose a cui pensare. Adesso è ancora troppo presto per darvi appuntamento al prossimo capitolo, perché ancora non abbiamo nessun viaggio in programma. Ora spetta a voi: commentate!

1 commento:

Unknown ha detto...

Ottima la perquisizione a Ronchi!!!