Per qualche giorno non ho dato segni di vita. Niente paura, non sono scappato con Mike. Di giorno ero impegnato a seguire il congresso e a preparare le slide per la mia presentazione; di sera ero fuori a cena o semplicemente non avevo voglia. A seconda dell’ora, occupavo anche il tempo libero telefonando o chattando via Internet con i miei amici e parenti in Italia. Rimedio al black-out (nella remota eventualità che qualcuno se ne fosse accorto) con un’osservazione inutile. Avevo notato l’anno scorso che qui in America le confezioni di cibo sono molto più grandi, forse a causa delle diverse unità di misura. Invece, per ignoti motivi, le bustine di zucchero sono microscopiche, e devo metterne almeno 3 per riuscire a coprire il saporaccio del caffè. Non sempre servono il latte; invece danno delle bustine di “creamer” che sembrerebbe latte in polvere, però sulla bustina è specificato “non dairy”. Quindi ne deduco che sia un surrogato sintetico del latte in polvere. Certo che in Italia siamo proprio rimasti all’età della pietra.
Le conferenze sono quasi tutte su argomenti a me incomprensibili, quindi decido di seguire le “keynote” che probabilmente sono più interessanti, anche se piuttosto pesanti visto che durano un’ora. Ne seguo una che illustra le tecniche per fare una TAC ai topi di laboratorio, quindi mi sposto ad un’altra sessione in cui seguo due presentazioni standard, purtroppo fatte dai soliti cinesi che parlano un inglese incomprensibile. Nella pausa caffè incontro Aldo, il mio collega della FDA, che si ricorda ancora di me (ci eravamo visti l’anno scorso ad un congresso in Italia), e nel resto della mattinata seguo una sessione moderata da lui. Nel centro congressi ci dovrebbe essere una rete wireless per collegarsi a Internet ma è quasi sempre fuori uso; c’è una sala con alcuni computer ma c’è sempre coda. Dovrò scrivere una lettera di protesta.
Oggi il pranzo è organizzato dal congresso, e mi siedo al tavolo con Aldo; discutiamo del futuro lavoro e chiacchiero con due sue studentesse (un’iraniana e una coreana). Il catering è molto efficiente; siamo centinaia di persone e in mezz’ora mangiamo tutti. Il menu per la verità si limita ad un piatto di insalata con qualche fetta di prosciutto e un dolce. Da bere c’è acqua e un liquido marroncino dal sapore indecifrabile che dicono sia tè.
Il pranzo del congresso
Dopo pranzo seguo alcune presentazioni interessanti (cioè che riesco a capire) su tecniche di “compressed sensing”, che consentono di acquisire TAC con meno proiezioni, riducendo quindi la quantità di radiazione, interpolando poi le parti mancanti. Luigi, il mio collega della Philips, mi raggiunge durante la pausa caffè. È arrivato un giorno dopo, perché l’aeroporto di Atlanta dove doveva fare scalo era chiuso per tempesta. Mi racconta la sua disavventura, con code interminabili ovunque, alberghi esauriti, pasti saltati e disservizi a non finire. Andiamo a sentire la Plenary Presentation, tenuta da John Gore dell’università di Vanderbilt, che ci mostra alcune spettacolari immagini di risonanza magnetica del cervello ottenute con un nuovo macchinario da 7 Tesla e ci spiega la potenzialità di questa nuova tecnologia. Durante la Plenary danno anche il premio ai due migliori articoli scritti da studenti; avevo partecipato al concorso ma non ero nemmeno arrivato in finale. Effettivamente il mio articolo è piuttosto diverso dagli altri che ho sentito finora, e sarebbe più adatto ad una conferenza di matematica.
Dopo la Plenary ci rechiamo alla Poster Session & Exhibition. Ci sono alcuni banchetti di costruttori che resentano i loro prodotti e di editori che presentano i loro libri. Ce ne sono alcuni interessanti ma dal prezzo proibitivo. I poster purtroppo sono un mezzo di comunicazione molto poco efficace, e raramente riescono ad attirare l’attenzione. Probabilmente sono preferiti dagli autori che hanno difficoltà a fare una presentazione, ed effettivamente molti degli autori presenti parlano un inglese pessimo. Uno addirittura si è limitato a stampare l’articolo e ad appendere le pagine al tabellone. O forse semplicemente la registrazione per i poster costa meno; adesso non ho i prezzi sotto mano. A distrarre ulteriormente il pubblico ci pensa il buffet, e il menu prevede riso, fagioli, degli strani involtini molto speziati e alquanto disgustosi e un dolce fritto non meglio identificato ma mangiabile. Da bere c’è acqua, birra e varie bibite americane stomachevoli. Inutile dire che l’acqua e la birra sono state razziate all’istante (quando siamo arrivati erano già sparite tutte), mentre le altre bibite venivano del tutto ignorate.
Verso sera c’è un misterioso evento, riservato agli studenti, chiamato “Dessert with the experts”. Ho il biglietto, quindi vado a vedere che cos’è. Si rivela interessante: si prende un gelato (crema o cioccolato, da condire con varie salse e praline colorate) e ci si siede attorno a dei tavoli con gli istruttori dei corsi per discutere del proprio lavoro. Mi siedo con l’istruttrice del corso sul colore (che aveva fatto la presentazione molto interessante sui difetti della vista), due svedesi (una gnocca e una così così), un’americana (cessa) e altri studenti orientali, e conversiamo amichevolmente per un’oretta.
Per cena vado con Luigi alla steak house dell’albergo, dove ero andato venerdì. La cameriera è molto diligente. Ordino una birra e mi chiede un documento per verificare se sono maggiorenne (che qui se non sbaglio è a 21 anni). Evidentemente sentendoci parlare capisce che siamo italiani, per cui per evitarci il rischio di fare brutte figure e per risparmiarci la fatica di fare i calcoli si premura di scrivere per noi sullo scontrino l’importo consigliato per la mancia. Ci scrive quanto vale il 15% e il 20% del conto, specificando però che è a nostra discrezione decidere. Il budget è quello che è, quindi pur essendo profondamente grati per il gentile pensiero dobbiamo optare per il 15%.
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