Stamattina è nuvoloso, e le previsioni dicono pioggia. È stata anche annunciata la possibilità di un tornado, ma non sembra molto credibile. Quando arrivo ai controlli di sicurezza nel laboratorio la guardia telefona ad Aldo come al solito, ma non è in ufficio. Per fortuna mi aveva lasciato un elenco di persone da chiamare per lasciarmi entrare; li proviamo tutti e il primo che risponde è Jake, uno studente di Cipro. Il laboratorio è deserto, tutti spaventati dalla pioggia annunciata?
Per pranzo mi sono portato una busta di Caesar Salad comprata al supermercato, ma Jake propone di andare a pranzo con lui e una collega francese alla cafeteria del laboratorio. A quanto pare, è consentito portare cibo da fuori. Curiosamente, la cafeteria è gestita dalla stessa ditta che gestisce la mensa dell’università di Trieste, ma la qualità e soprattutto il prezzo lasciano parecchio a desiderare. Jake vorrebbe venire in Italia, e durante il pranzo mi chiede varie informazioni sui tempi di viaggio e sui treni.
Nel pomeriggio si mette a piovere, ma per fortuna smette prima che esco. Prima di tornare a casa, preparo e faccio partire una lunga serie di misure da lasciar andare durante la notte. Esco, facendo i controlli di sicurezza, e mi avvio alla fermata dell’autobus. Mi viene un dubbio atroce: forse ho dimenticato di accendere il registratore. Non ho voglia di rifare i controlli di sicurezza per rientrare, quindi lascio perdere; posso sempre rifare la misura un’altra notte.
Decido di cenare al Kentucky Fried Chicken, che è (abbastanza) vicino alla stazione di Silver Spring. Lungo la strada trovo una targa che spiega l’origine del nome “Silver Spring”. Deriva da una sorgente, scoperta nel 1840 da un tale Francis Preston Blair, che alla luce del sole sembrava d’argento perché il fondo della pozza era incrostato di mica. Blair in seguito ha comprato il terreno, dando questo nome alla proprietà. Oggi la sorgente non esiste più, perché ci hanno costruito sopra un condominio, e vicino al luogo dove forse si trovava hanno messo questa targa e una fontana. Mi fermo un attimo al 7-Eleven (una catena di supermercati molto diffusa, chiamata così perché in origine erano aperti dalle 7 di mattina alle 11 di sera, mentre adesso sono aperti 24 ore) a comprare dei muffin al cioccolato che qui fanno buoni. Ritornando per un’altra strada trovo una gelateria, che (secondo un ritaglio di giornale appeso alla vetrina) produce il miglior gelato nella zona di Washington DC. Provo, ma resto abbastanza deluso: il cono è enorme, ma il gelato italiano è molto più buono. Rientro in casa appena in tempo prima che inizi a piovere, e di notte viene un diluvio.
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