Oggi è il gran giorno, alle 8 ho la presentazione. Mi alzo presto (non è una gran fatica visto che non ho ancora smaltito del tutto il fuso orario), do gli ultimi ritocchi alle slide e faccio alcune prove ad alta voce, fondamentali per riuscire a parlare bene e per controllare i tempi. Dopo 3 prove la presentazione è a posto, e riesco a dire tutte le cose importanti nel tempo stabilito. Nonostante ciò sono ancora poco pratico con le presentazioni, visto che per parlare 20 minuti ho dovuto lavorare per 1 settimana. Decido di non fare dimostrazioni pratiche, e quindi userò il computer del congresso.
Per amore del rischio e dell’avventura, provo a mettermi la cravatta. Cerco su Youtube un video con le istruzioni per fare il nodo, e ne trovo diversi tipi. Dopo una lunga riflessione opto per un “Double Windsor Knot” e dopo mezz’ora di tentativi ciò che resta della cravatta è in posizione. Vado a fare colazione, sperando di non sporcarmi, ma la preoccupazione è del tutto ingiustificata: il caffè è talmente trasparente che potrei versarmelo addosso senza problemi. Per il resto il menu è il solito: dolci sgrondanti di grasso e succhi di frutta.
Vado al centro congressi, dove incontro Luigi. Carico sul server l’ultima versione della presentazione, mi presento al chairman e faccio una rapida prova per verificare che sia tutto a posto. Fare foto o registrazioni durante le presentazioni senza un’autorizzazione scritta è vietatissimo (minacciano addirittura di sequestrare la macchina fotografica e allontanare il trasgressore dal congresso), quindi per evitare rogne firmo il modulo di autorizzazione. Luigi mi fa qualche foto con la sua macchina fotografica, ma non posso metterle subito sul blog perché non abbiamo il cavo.
La presentazione va bene. Grazie alle prove fatte riesco a non incasinarmi. Un grosso orologio davanti al banco segna il tempo, e impiego 16 minuti sui 18 previsti (evidentemente avevano calcolato 2 minuti per le domande). Ci sono 40 persone (contate) in sala, forse non molto reattive vista l’ora mattutina, ma comunque ricevo due domande pertinenti alle quali rispondo. Al termine della sessione, il chairman si congratula con tutti i relatori per l’alta qualità delle presentazioni; chissà se si riferiva anche alla mia. A dire la verità il pubblico applaude comunque, anche alle presentazioni che mi sembravano pessime, per cui è difficile capire se è andata bene o male.
Nel resto della mattina seguiamo due presentazioni di Aldo (di una sono coautore) e una della concorrenza. Aldo parte subito, e il programma del pomeriggio non sembra particolarmente interessante, quindi dopo pranzo io e Luigi decidiamo di comune accordo di squagliarcela alla chetichella e andare a visitare San Diego. Nel frattempo, gli addetti stanno già smontando tutto ed allestendo il prossimo congresso, dell’associazione Youth for Christ. Andiamo in albergo a cambiarci, prendiamo l’auto e andiamo a visitare la portaerei USS Midway.
Ci imbarchiamo sulla USS Midway
Manca un’ora e mezza alla chiusura, che non basta per visitare tutto, ma saliamo comunque. Prendiamo l’audioguida e visitiamo l’Hangar Deck, dove sono esposti numerosi aerei e motori. Saliamo quindi sul Flight Deck (quello della Midway era il primo pavimentato in ferro, le portaerei precedenti ce l’avevano in legno). Numerosi veterani che avevano navigato sulla Midway ci fanno da guida, raccontando varie curiosità. Uno ci spiega il funzionamento della catapulta per accelerare e rallentare gli aerei. Normalmente il cavo veniva tenuto sollevato di qualche pollice con getti di aria compressa, ma una volta il sistema si è guastato, e per sollevare il cavo hanno usato rotoli di carta igienica, che evidentemente abbondavano.
Il Flight Deck
Ci mettiamo in coda per l’Island Tour, ovvero la visita guidata alla torre di controllo della nave. Purtroppo non sono riuscito a fare molte foto, visto lo spazio ristretto e l’affollamento. Visitiamo la postazione dell’Air Boss, che dirigeva il traffico aereo, quindi ci spostiamo nella Chart Room, dove venivano conservate le mappe dei porti con indicazioni molto dettagliate della profondità dei fondali. Un apposito strumento misura la profondità del fondale, e prima che esistesse il GPS si riusciva a calcolare accuratamente la posizione della nave in un porto confrontando la lettura dello strumento con i dati segnati sulle mappe. Anche oggi il regolamento richiede che i capitani delle navi siano in grado di calcolare la posizione manualmente con il sestante, in caso di guasto agli strumenti.
Una mappa nella Chart Room
Scendiamo quindi al ponte di comando
La ruota del timone. A sinistra, l’engine order telegraph, che trasmetteva i comandi alla sala macchine.
Cerco di imparare un mestiere ma non mi crede nessuno
Usciamo dall’Island e visitiamo i velivoli in mostra sul ponte di volo.
L’Island vista dal Flight Deck
L’interno di un elicottero HH-46 Sea Knight
Per guidare gli aerei in atterraggio si usa un dispositivo detto “Fresnel lens optical landing system”, formato da diverse lampade colorate che emettono un fascio di luce molto direttiva. Il pilota vede un diverso colore a seconda della sua posizione, e capisce se deve correggere la rotta.
Il “Fresnel lens optical landing system”
Scendiamo negli appartamenti dell’ammiraglio e del capitano, passando per la sala radio.
L’appartamento dell’ammiraglio
La sala radio
L’appartamento del capitano
Ormai è arrivata l’ora della chiusura e dobbiamo sbarcare. Decidiamo di andare a vedere l’isola del Coronado, quindi prendiamo l’auto e attraversiamo il lungo ponte. Numerosi cartelli lungo la strada indicano i numeri di telefono per aspiranti suicidi. Il ponte ha 5 corsie, con uno spartitraffico mobile a seconda del traffico; proprio mentre stavamo passando un macchinario apposito lo stava spostando. All’arrivo c’è un casello per il pedaggio, fortunatamente chiuso; evidentemente fanno pagare soltanto nelle ore di punta. Attraversiamo l’isola e parcheggiamo nei pressi dello storico Hotel del Coronado, sulla riva dell’Oceano Pacifico. Facciamo due passi per la spiaggia.
Coronado Beach
Cerchiamo di avvicinarci agli scogli, ma veniamo aggrediti da uno sciame di insetti non ben identificati, che fortunatamente si limitano a sbatterci addosso senza pungere.
Foto notturna dell’Hotel del Coronado
Entriamo nell’hotel e diamo un’occhiata ai negozi. Un commesso riconosce la mia felpa di Santa Barbara e attacca bottone. Usiamo con nonchalance la toilette dell’albergo (visto che farla per strada potrebbe essere considerato da pezzenti), quindi usciamo e andiamo in cerca di un ristorante. Chiediamo consiglio ai passanti, e un signore molto cortese ce ne suggerisce uno. Chiacchierando scopriamo che lavora per la concorrenza, ma in questo momento la cosa non preoccupa. Proviamo ad andare al ristorante consigliato ma lo troviamo chiuso per una festa privata, quindi andiamo in un’altro che ci ispira e che non è eccessivamente caro. Prendo un antipasto di gamberetti all’aglio e un’ottimo piatto di rana pescatrice.
Prima di tornare in albergo dobbiamo fare benzina. Dobbiamo servirci da soli e impieghiamo parecchio tempo per capire come funziona la pompa. Il cassiere ci dà istruzioni, senza però uscire dallo sgabbiotto (probabilmente a prova di bomba). Alla fine riusciamo, grazie all’aiuto di un’altra cliente.
2 commenti:
che belle foto, gabri! :) le più impressionanti, a mio avviso, sono quelle relative alla sala radio (ammazza che ammasso di macchinari) e all'interno dell'elicottero... davvero interessanti! :)
Boh ... quelle erano piuttosto banali, per farle è bastato schiacciare un bottone. Le foto notturne erano decisamente più impegnative, visto che ho dovuto cercare uno scoglio abbastanza piatto per appoggiarci la macchina, fare una foto con tempo lungo e autoscatto, e rischiando di farmi sbranare vivo da bestiaccie varie.
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