Questa pagina contiene il diario e le foto di un viaggio in USA che ho fatto per motivi di studio e ricerca, nell’ambito del Dottorato di Ricerca in Ingegneria dell’Informazione che sto seguendo presso l’Università di Trieste. Il viaggio prevede le seguenti destinazioni:

  • 14 febbraio - 23 febbraio 2008: San Diego, California, sede del congresso SPIE Medical Imaging
  • 23 febbraio - 17 marzo 2008: Silver Spring, Maryland, presso il
    NIBIB/CDRH Laboratory for the Analysis of Medical Imaging Systems
    Division of Imaging and Applied Mathematics
    Office of Science and Engineering Labs
    Center for Devices and Radiological Health
    Food and Drug Administration
Novità: mi fermo fino al 3 aprile. Per Pasqua ho fatto una breve gita a New York City.

Potete trovare il diario dell’anno scorso all’indirizzo http://ggchome.altervista.org/california

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16 marzo 2008

Mentre preparo la colazione, lo sportello della credenza si spalanca all’improvviso e Zen sbuca fuori. Mi ero dimenticato che gli piace nascondersi lì dentro, e per poco non mi fa spaventare.

Stamattina Ellen (che è divorziata o vedova, non ho appurato) va ad un appuntamento con un uomo conosciuto tramite un sito web di appuntamenti. Non l’ha mai visto prima e non ha nemmeno una sua foto. Aaron invece va a trovare dei parenti. Siccome piove, resto a casa e aggiorno questo blog. Mentre lavoro, suonano alla porta. Sono un uomo e una donna, che mi portano un volantino per una conferenza nella quale si spiegherà come prepararsi alla imminente fine del mondo. Mi chiedono se ci ho mai pensato, ma devo ammettere che ultimamente ho altri pensieri che mi occupano la testa. Intuiscono che sono straniero e mi chiedono da dove vengo; purtroppo non hanno nulla in italiano, ma mi regalano comunque un pamphlet in inglese intitolato “Awake!” per maggiori approfondimenti. La copertina è inquietante: un gruppo di persone che guarda con aria angosciata un televisore che trasmette immagini di fuoco e fiamme. La notizia stranamente non mi turba, e anzi provo quasi una sensazione di deja vu. Mi salutano, rinnovando l’invito per la conferenza.

Nel pomeriggio smette di piovere, quindi prendo la metropolitana e vado a Washington. Domani è la festa di St Patrick, e molte persone la celebrano oggi andando in giro con vestiti, cappelli o collane di colore verde. Scendo alla Union Station e compro i biglietti del treno per New York dove andrò nel prossimo fine settimana. I biglietti sono molto cari (l’autobus sarebbe più economico ma anche più lento), però con la International Student Identity Card che possiedo ho diritto allo sconto del 15%. In seguito trovo scritto sui biglietti che dovrò esibire, oltre alla tessera ISIC, un documento con foto e uno “Student ID”. Il documento più autorevole che ho è la tessera della mensa; speriamo che gli vada bene.

Riprendo la metropolitana e scendo presso il National Mall, nella zona dello Smithsonian. Prendo un hot dog con “Polish sausage” che si rivela piccantissimo. Un poster cattura la mia attenzione: nel Hirshhorn Museum and Sculpture Garden, il museo di arte moderna e contemporanea, c’è una mostra intitolata “The Cinema Effect: Illusion, Reality, and the Moving Image - Part I: Dreams”. La curiosità per il cinema, unita all’impellente bisogno di andare in bagno per bere e spegnere l’incendio in bocca, mi invogliano ad entrare, tanto più che l’ingresso è gratuito. Giro velocemente per il museo, cercando di non farmi impressionare dalle orribili sculture esposte, finché non trovo una “drinking fountain”. In seguito vado alla mostra sul cinema, che però si rivela diversa da come me la aspettavo. Non è una mostra sul cinema, bensì un’esposizione di video-arte, nella quali in numerose sale quasi completamente buie venivano proiettati in continuazione dei filmati dai profondi significati filosofici. Uno (intitolato “Overture”, di Stan Douglas, 1986) mostrava una ripresa dalla locomotiva di un treno in corsa attraverso dei canyon nelle Montagne Rocciose, mentre una voce narrante leggeva dei passi da “Alla ricerca del tempo perduto”. In un altro, reso ancora più toccante dall’assenza di sonoro, la telecamera era fissa su una vecchia macchina da scrivere abbandonata sotto la neve che cade. In un filmato intitolato “Niagara”, la telecamera rimaneva fissa per circa un ora su un angolo delle cascate omonime. Altre installazioni, di diverso genere, consistevano in manichini “animati” proiettando un filmato sul volto, che urlavano dei discorsi strampalati. La sezione sul digitale si apriva con un videoproiettore che proiettava dei disegni geometrici attraverso una sala riempita di nebbia.

Esco dal Hirshhorn Museum e torno al National Museum of the American Indian. Anche stavolta devo fare in fretta perché manca poco alla chiusura. Nel museo sono esposti numerosi oggetti, sia sia vecchi sia nuovi, in particolare vestiti.


Alcuni vestiti esposti nel museo.

La sera, due figli di Ellen vengono a trovarci e si fermano a cena.

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