Questa pagina contiene il diario e le foto di un viaggio in USA che ho fatto per motivi di studio e ricerca, nell’ambito del Dottorato di Ricerca in Ingegneria dell’Informazione che sto seguendo presso l’Università di Trieste. Il viaggio prevede le seguenti destinazioni:

  • 14 febbraio - 23 febbraio 2008: San Diego, California, sede del congresso SPIE Medical Imaging
  • 23 febbraio - 17 marzo 2008: Silver Spring, Maryland, presso il
    NIBIB/CDRH Laboratory for the Analysis of Medical Imaging Systems
    Division of Imaging and Applied Mathematics
    Office of Science and Engineering Labs
    Center for Devices and Radiological Health
    Food and Drug Administration
Novità: mi fermo fino al 3 aprile. Per Pasqua ho fatto una breve gita a New York City.

Potete trovare il diario dell’anno scorso all’indirizzo http://ggchome.altervista.org/california

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21 marzo 2008

Oggi alle 18:10 ho il treno per New York. Decido di andare in laboratorio la mattina e poi direttamente in stazione, quindi riempio lo zaino con computer e scartoffie (il minimo indispensabile) e una borsa con i vestiti. Ellen mi presta una guida intitolata “NYC Free & Dirt Cheap”, e la metto in borsa nel caso possa servire.

Come al solito, ai controlli di sicurezza in laboratorio telefonano ai piani alti per verificare che posso entrare, ma nessuno risponde. Mi siedo nell’atrio e inizio a lavorare in attesa che qualcuno arrivi; fortunatamente dopo qualche minuto un mio collega, che era momentaneamente fuori dall’ufficio, trova il messaggio nella segreteria telefonica e scende a farmi entrare. Durante la giornata, lavoro al programma. La traduzione da Matlab a C è molto più lunga del previsto, perché devo riscrivere da capo delle funzioni che in Matlab erano già incorporate o richiedevano poche righe. Un po’ alla volta, i risultati iniziano ad arrivare. All’ora stabilita prendo l’autobus fino a Silver Spring e la metropolitana fino alla Union Station di Washington.


Washington DC Union Station

Mentre aspetto il treno, compro una pizza al taglio da Sbarro. Chiedo una birra, ma capiscono male e mi danno una “root beer” un intruglio con un sapore di medicina non particolarmente entusiasmante. Vado al gate e aspetto. Ho diritto a portare 2 bagagli a mano, e quindi sono a posto. Circa 15 minuti prima della partenza, aprono le porte e ci lasciano imbarcare, facendo un primo controllo dei biglietti. Alcuni treni in America hanno una “quiet car” in cui è vietato usare i cellulari e parlare ad alta voce; questo treno ce l’ha e prendo posto. I sedili hanno lo schienale reclinabile, il tavolino e una presa elettrica; nei vagoni ci sono anche distributori di acqua potabile e bicchieri a disposizione dei passeggeri.

Il panorama dal finestrino non è particolarmente entusiasmante, perché la ferrovia (che è elettrificata, cosa abbastanza rara da queste parti) passa in mezzo a paludi e zone industriali. Inoltre il treno in corsa è piuttosto rumoroso e pieno di scossoni. Il viaggio (225 miglia circa) è abbastanza veloce e dura 3 ore e 15 minuti. Il treno viaggia a 120 miglia all’ora, decisamente più veloce dell’autobus. Però è anche molto più costoso; questo treno (un “regional”, il più economico) con sconto studenti e sconto per l’acquisto anticipato costa 99,45$ all’andata e 83,30$ al ritorno. Invece della prima e seconda classe qui hanno la “business class” e la “coach class”; alcuni treni hanno anche la “first class”. Ferma a New Carrolton, BWI Airport, Baltimore, Wilmington, Philadelphia, Trenton, Princeton Junction, Metropark, Newark Airport, Newark e New York Penn. Sul treno ci sono almeno 4 controllori; fortunatamente si limitano a controllare il biglietto e non mi chiedono lo “Student ID”.

Poco prima dell’arrivo vado alla carrozza ristorante, ma stanno già chiudendo. Un ragazzo, che sembrava un ferroviere, gentilmente mi regala una scatola di biscotti (ancora sigillata). In seguito nota la mia felpa di Santa Barbara e attacca bottone. Mi dice che New York non è male, ma secondo lui Washington (dove abita) è la città più bella del mondo. È molto pulita (confermo), e l’architettura è imponente; infatti è stata progettata appositamente per fare invidia ai regnanti stranieri. Non mancano mai le cose da fare, e girare per le strade e guardare gli edifici è per lui una continua emozione, perché proprio si sente di essere nella capitale del mondo libero. Mi consiglia di visitare la Basilica of the National Shrine of the Immaculate Conception, nota semplicemente come “The Basilica”, nella Catholic University of America. Me ne fa una descrizione molto appassionata, raccontandomi che è la chiesa più grande dell’America e una delle più grandi del mondo, fondata da un papa e con un papa sepolto dentro (non sapevo), con l’organo più grande del mondo (anche questo non lo sapevo, forse l’hanno messo da poco) e con decine di cappelle delle più svariate dimensioni. Anche per lui che non è cattolico è sempre un’emozione visitarla e vedere i marmi e i mosaici. Per assicurarsi che non me lo dimentico, mi scrive il nome su un foglio. Mi consiglia inoltre di visitare il cimitero di Arlington, dove ti possono cacciare via se parli, il National World War II Memorial, che lo ha fatto piangere quando è stato inaugurato, e il Vietnam Veterans Memorial. Infine mi consiglia, se proprio voglio provare emozioni forti, di andare al Lincoln Memorial all’alba e sedermi sulla scalinata per guardare il sole che sorge.

Il treno attraversa una lunga galleria sotto il fiume Hudson e arriva alla Penn Station. L’edificio originale, del 1910, è stato demolito negli anni ’60 (suscitando molte polemiche) per fare posto ad un anonimo terminal sotterraneo e al grattacielo del Madison Square Garden. Ci salutiamo e vado a prendere la metropolitana per Brooklyn, dove ho l’albergo. Un biglietto “single ride” costa 2$ e dura 2 ore.

La metropolitana di New York ha 26 linee e non è facile orientarsi. Prendo il primo treno e scendo a Fulton Street, dove devo cambiare. L’impresa si rivela più difficile del previsto. La stazione è un labirinto sotterraneo di scale e corridoi, con 9 linee che si incrociano su 4 livelli di binari. Non ci sono mappe esposte, e questo costituisce un problema visto che non mi ricordo quale linea dovevo prendere; inoltre dai pochi cartelli sembra di capire che i treni cambiano binario a seconda dell’ora. Ci sono alcuni schermi, ma mostrano soltanto la data e l’ora e non informazioni sui treni. Giro finché non trovo un binario dove passa una linea diretta a Brooklyn; aspetto a lungo ma il treno non arriva. Le stazioni sono molto più piccole e squallide in confronto a quelle di Washington; questa ha il marciapiede largo poco più di 1 metro (prudentemente hanno messo una ringhiera davanti all’ingresso per evitare che qualcuno rotolando per le scale cada sui binari) e in mezzo ai binari ci sono mucchi di rifiuti e rigagnoli di acqua nerastra. Il macchinista di un altro treno mi chiede dove devo andare, e quando glielo dico mi spiega che quella linea è sospesa e devo prendere un’altra e cambiare. Guardandomi in giro, noto adesso alcuni fogli attaccati al muro che informano che alcune linee sono sospese di notte o nei week-end a causa di lavori di manutenzione. Riesco a trovare il binario, ma nel frattempo ho dimenticato la direzione. Sembra che anche gli altri passeggeri siano in difficoltà, e anzi alcuni chiedono aiuto a me. Siccome nei treni ci sono le mappe, decido di prendere il primo che passa e studiare il percorso. Guardando la mappa sul treno mi accorgo che la direzione è sbagliata, ma posso comunque arrivare a destinazione facendo un altro giro. Scendo a Canal Street (10 linee su 4 livelli di binari) e prendo l’altro treno; con un’incredibile botta di fortuna è un “express” che fa poche fermate, e dopo 2 fermate arrivo a 36th Street, Brooklyn. Fortunatamente ho impiegato soltanto un’ora e mezza e quindi il biglietto non è scaduto. Esco e vado a piedi fino all’albergo, fermandomi in un Burger King lungo la strada per rifocillarmi. La camera è nel seminterrato, molto piccola e anche piuttosto rumorosa, perché proprio lì vicino la metropolitana ha un tratto scoperto. Fa piuttosto freddo, e devo accendere il riscaldamento che fa ulteriore rumore. Per fortuna mi sono portato dietro degli ottimi tappi per le orecchie con 32 dB di attenuazione dichiarati, e cala il silenzio.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

ciao Gabriele. Tanti saluti da Giulia e GianCarlo.

Gabriele Guarnieri ha detto...

Grazie!